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Home Emergenza Coronavirus

I cambiamenti della pubblicità ai tempi del Covid-19

Vincenzo Guggino, Segretario Generale dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, risponde ad alcune domande di www.dirittodellinformazione.it

by Redazione
12 Maggio 2020
in Emergenza Coronavirus
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I cambiamenti della pubblicità ai tempi del Covid-19
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1) L’Istituto dell’Autodisciplina pubblicitaria opera con successo da oltre 50 anni nel campo della regolamentazione e controllo della pubblicità. Che mutamenti avete registrato nel settore dei media nella situazione emergenziale attuale?

L’area di competenza dello IAP è la pubblicità. Ma è evidente che essa è strettamente correlata al momento storico, ai comportamenti di consumo, al ruolo dei media. La particolare contingenza pandemica ha prodotto effetti su messaggi, consumi e media.

Il macroscopico dato di partenza è legato all’imposto confinamento diuturno nelle proprie abitazioni, giustificato dalla necessità del “distanziamento sociale”.

La prima conseguenza è stata l’esplodere dei portali di e-commerce, sia di piattaforme esclusivamente deputate a ciò, sia attivati da punti vendita “fisici”, che hanno ampliato la vendita dei loro prodotti online. Una tendenza già in atto ma che in epoca di Covid-19 ha assunto più ampie dimensioni.

Sul versante pubblicitario, si è assistito a un calo di investimenti in alcuni settori merceologici rispetto ad altri, che rispecchia sostanzialmente il blocco produttivo e distributivo conseguente al lockdown: la pubblicità è cresciuta dunque nel settore alimentare, in quello farmaceutico/parafarmaceutico, in quello dell’igiene.

Per quanto riguarda i media, il primo dato, in gran parte anch’esso derivante dalla eccezionale permanenza a casa, è stato l’incremento del loro “consumo” alla ricerca di informazione e intrattenimento, con la parte del leone fatta da TV e Web, social e piattaforme on demand in primis.

A questa maggiore fruizione, tuttavia, per i motivi esposti, non ha corrisposto un incremento degli investimenti pubblicitari, che peraltro ha comportato un calo dei prezzi degli spazi. Anche l’utilizzo pubblicitario di Internet, che rimane uno dei principali canali di diffusione, ha subito per la prima volta una decrescita.

 

2) Come è invece cambiato il linguaggio, il “mood”, della comunicazione pubblicitaria?

Il venir meno degli investimenti significa che un certo numero di aziende ha preferito non comunicare, ma sappiamo che anche il “non-comunicare” è un messaggio! Chi invece lo ha fatto, ha sostanzialmente adottato due registri. Il primo basato su una comunicazione istituzionale fortemente giocata sul versante emotivo, sul sentimento di solidarietà, spesso con un esplicito ringraziamento agli operatori della sanità; o all’orgoglio nazionale. Un secondo più legato al fare concreto realizzato dall’azienda, ad esempio, riconvertendo alcune linee di produzione per la realizzazione di disinfettanti.

Un vistoso fenomeno connesso al periodo ha riguardato il determinarsi di una certa saturazione informativa, che ha prodotto un’enorme quantità di input, che non di rado ha prodotto confusione, se non smarrimento nell’opinione pubblica. La consueta autorevolezza riconosciuta alle fonti di informazione istituzionale, sia scientifica che politica, a tratti è venuta meno proprio per l’accavallarsi delle articolate posizioni emerse sulla scena mediatica, non di rado in contraddizione tra loro.

Questo fenomeno può però dare a contrario indicazioni su una possibile evoluzione del linguaggio e dei contenuti anche della pubblicità. La ricerca di punti stabili e autorevoli può, infatti, suggerire alle aziende che hanno storia e credibilità di puntare la loro comunicazione con più coerenza sui valori di cui sono portatrici, dando spazio ad aspetti tangibili delle loro marche. Altresì è richiesto un linguaggio più responsabile e credibile, potremmo dire anche, più in armonia con le norme del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale.

 

3) A proposito dello IAP come il vostro Istituto ha affrontato la situazione?

È inevitabile che alcuni inserzionisti pubblicitari abbiano cercato di “cavalcare“ questo tema, e alcuni messaggi, visti fuori da questo contesto, forse si sarebbero potuto ritenere accettabili alla luce del Codice di Autodisciplina, risultando tuttavia oggi insidiosi proprio in relazione all’attuale maggiore vulnerabilità del pubblico.

L’Istituto ha continuato a svolgere ininterrottamente le sue funzioni operando da remoto. Dando supporto alle aziende per la realizzazione di campagne di comunicazione corrette, con il rilascio di pareri preventivi, anche di quelli “express” rilasciati in un solo giorno lavorativo.

Sul versante della tutela del consumatore, il Comitato di Controllo, coordinato dalla Segreteria, ha continuato il monitoraggio dei messaggi e dando puntuale riscontro alle segnalazioni del pubblico, numerose anche in questo periodo.

Anche il Giurì, l’organo giudicante autodisciplinare, ha proseguito la sua attività attraverso collegamenti audio-video con le parti. Le udienze, nei modi e nei tempi previsti dalla procedura del Codice di Autodisciplina, hanno così potuto garantire il consueto rispetto del contraddittorio e assicurando il dibattimento orale.

 

 

 

Tags: Covid-19IAPVincenzo Guggino

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